Sinossi

Il vero protagonista di Letti Disfatti è morto, è assente, non compare in scena se non in una foto.

Eppure la sua presenza è palpabile, concreta, verosimile. La sua ex moglie e il suo compagno si contendono il diritto ad amarlo ancora, ciascuno a suo modo come due leoni in una gabbia che si contendono un pezzo di carne sanguinolenta, e passeranno tutto il tempo a cercare un modo per sopravvivere a quella presente assenza. 

Capiranno, poi, che, ciascuno a suo modo, hanno il diritto di conservare quel ricordo che, sopita la rabbia, si fa nostalgia. Una fame d’amore che non lascerà indenne nemmeno il figlio dello scomparso, un ventenne in preda ad una crisi violenta per la mancanza di una figura maschile con cui identificarsi. La drammaturgia di Letti disfatti si rifà a Osborne, la mia regia, molto presuntuosamente, a Bergman.

Ed è questo complicato equilibrio tra profondità e superfice, tra “intimo” e “dichiarato”, tra “non detto” ed “urlato” a farne, a mio avviso, uno spettacolo seriamente moderno. Letti disfatti vi metterà di fronte a una scelta: abbandonarvi anche voi al dolore che provano i personaggi, condividendolo, o prenderne le distanze per esorcizzarlo. A voi la scelta.

SCHEDA TECNICA